Un mix di logos & patos come equilibrio vincente e l’importanza strategica delle relazioni per il front desk. Ed “a rilassarmi è lo stress”.
Laura Giovanetti, IRM di Elica Spa, società quotata al segmento STAR di Borsa Italiana con una market cap di 102 milioni di euro.
Dal 2007 al timone delle Investor Relations di ELICA SpA. Laureata alla Bocconi, ha iniziato la sua carriera professionale nella consulenza d’impresa per primarie società italiane e successivamente per 5 anni nel Private Equity con il ruolo di Finance Senior Analyst.
1. Cosa ha ispirato il suo ingresso nel settore delle Investor Relations?
Nella mia precedente esperienza lavorativa presso una SGR ho partecipato, lato Advisor, alla quotazione di un noto brand di gioielleria e sono entrata in contatto con l’universo che gira intorno alle listed companies. Certo erano anni diversi per le società, con multipli differenti e stime di crescita interessanti all’orizzonte, però al di là dell’aspetto tecnico ho compreso e riconosciuto l’importanza strategica delle relazioni, che pervade anche un mondo così “razionale” come quello del mercato azionario. Specie nel caso delle small&mid cap companies l’attenzione ad un aspetto fondamentale della Corporate Governance, come le Investor Relations, di fatto rappresenta un volontà della società di ridurre il rischio permettendo all’Investitore di essere agevolato al massimo nel poter valutare pienamente ed autonomamente il valore della società, avendo a disposizione quanti più elementi possibili. Mi è sembrato un ruolo di qualità nel panorama finanziario, che può rappresentare un segno distintivo per una società a parità di altre condizioni.
2. Quali pensa che siano gli skills più importanti per un IRM?
Volendo restringere il campo a tre skill chiave di un IRM di una small&mid Cap, il mix tra logos e patos è sempre l’equilibrio vincente. Indubbiamente non si può prescindere dalle capacità di analisi dei numeri di bilancio e valutazione delle società, a cui unirei le conoscenze di base sulle dinamiche di mercato, per comprendere trend e momentum del contesto. Ma queste skill necessari ma non sufficienti – come si dice in matematica – rischiano a volte di essere armi spuntate se non si prende atto che il mercato è fatto di persone. Anche se li chiamiamo Target, sono sempre persone con esigenze diverse, legate al diverso profilo professionale: retail, gestori small, gestori di fondi di private equity, portfolio manager di fondi big….. Rivolgersi a questi diversi target necessita di flessibilità nell’uso degli strumenti ma anche di customizzazione nella gestione della relazione. Questa flessibilità, unita a precisione e disponibilità continua, agevola incredibilmente il “lavoro” dei nostri interlocutori finanziari a parità di altre condizioni; e nella mia esperienza lavorativa (perciò nel segmento delle small Cap) questo si è rivelato un elemento decisivo, spesso sottovalutato dalle società.
3. Cosa le piace di più del suo lavoro?
Che ci credo. Che credo nel valore di una buona attività di Investor Relations e della società per cui lavoro. Essere sempre a contatto con il top management aziendale, commentare e seguire le evoluzioni strategiche e le performance aziendali è certo formativo e sicuramente coinvolgente, allo stesso modo lo è rapportarsi con gestori di grande calibro ed esperienza che hanno un punto di osservazione delle dinamiche mondiali dell’economia sicuramente privilegiato.
4. Cosa fa per rilassarsi dalla pressione causata dall’esser un IRM costantemente alle prese con i mercati finanziari?
Devo ammettere che ci sono congiunture, come quella attuale, in cui è difficile dire che riesco a rilassarmi completamente; aiuta il fatto che di sabato e domenica il mercato sia chiuso, ma a volte non basta. Sembra uno slogan ma “a rilassarmi è lo stress”, ossia la mia vita personale, il mio ruolo di moglie, mamma, figlia e “amministratore delegato” della casa, composto anche questo di scadenze e to do list infinite, riesce a decomprimere la tensione lavorativa. La pillola antistress ad effetto istantaneo però è il ballo.
5. Che consigli per lo sviluppo professionale può suggerire a chi intraprende questo lavoro?
E’ difficile trovare risorse junior che siano adeguatamente preparate dal punto di vista tecnico, perciò il mio primo consiglio pratico è procuratevi un’equity research dal sito di Borsa Italiana, leggetela e se non capite ciò che c’è scritto, c’è ancora da fare molto prima di cominciare. Per chi approda con un profilo senior la chiave è l’aggiornamento continuo in relazione alle caratteristiche specifiche del proprio ruolo nella società per cui si lavora, perché scambiando pareri e confrontandomi con altri responsabili IR ho scoperto che non esistono standard riguardo alla definizione del ruolo, alla posizione organizzativa e tanto meno alla definizione delle mansioni dell’IR in Italia. Nelle cosiddette “big cap” l’IR è genericamente svolto da un team, e questo rende le mansioni più definite e precise, e l’azionariato di minoranza è più esigente; pertanto ruolo e posizionamento organizzativo delineano delle casistiche più definite, nelle “small cap” è tutto più “tailor made”. Questa situazione rende le soluzioni adottate delle due tipologie di IR molto diverse, rispetto alle differenti esigenze dei rispettivi stakeholders finanziari.
6. Qual è il cambiamento più rilevante che ha visto nel settore delle Investor Relations da quando è iniziata la sua carriera?
Parlando sempre del mondo delle small cap, l’avvento della crisi finanziaria prima, ed economica poi, ha trasformato la percezione della figura dell’IR da un responsabile di pubbliche relazioni settoriali dedicate alla finanza ad un esperto di finanza che si occupa delle pubbliche relazioni. Differenza che sembra sottile ma è cruciale.
7. Qual è la lezione professionale più importante che ha imparato nella sua vita professionale?
Non aver paura di nulla se si fornisce un’informazione coerente, chiara e precisa! Alla lunga questa filosofia lavorativa ripaga sia il professionista che la società. Mantenere credibilità e autorevolezza è fondamentale.
8. Ci racconta qualcosa di insolito che le è capitato come Investor Relator?
Star Conference 2008: entrando nel London Stock Exchange Building vedemmo uscire delle persone con gli scatoloni in mano; io e i l top management ci sedemmo nella sala meeting per il primo incontro della giornata e, con le mani tra i capelli, la prima domanda del portfolio manager fu: “voi quando pensate finirà la crisi? In cosa dovremmo investire? “ e la risposta stupita del CEO di Elica fu “ Ce lo dica Lei” e sorrise. Il disorientamento di uno dei più rinomati gestori istituzionali di un noto fondo di investimento mi spaventò molto, ma mi diede forza la calma con cui il CEO affrontò la situazione, non solo durante quel meeting ma per tutta la durata della conference. Una freddezza che ancora sto cercando di acquisire.
9. Ci dica qualcosa a proposito di una situazione stimolante con cui ha avuto a che fare e come è stata affrontata.
E’ stato sicuramente stimolante essere coinvolta nei processi di analisi di potenziali operazioni straordinarie, perché ci si sente parte e un po’ artefice di cambiamenti importanti per la società. In particolare collaborare per alcuni aspetti alla finalizzazione dell’acquisizione della nostra controllata tedesca o alle analisi di valore della nostra controllata cinese è stato stimolante perché, non si tratta di commentare l’andamento del business ma di partecipare alla sua realizzazione.
10. Cosa vorrebbe dire ad un giovane professionista che sta considerando l’idea di entrare nelle Investor Relations?
Forse mi ripeto, ma per lavorare nelle Investor Relations non sono sufficienti le sole doti tecniche ma occorre una certa predisposizione personale che è difficile insegnare, più che altro si può accrescere nel tempo e “plasmare”. Il mercato per fortuna o purtroppo è ancora fatto di persone. Certo in un team si può svolgere il ruolo di analisi numerica e non dover necessitare troppo di doti relazionali, ma se si ambisce ad acquisire un ruolo a 360° questo è un prerequisito, assolutamente non sufficiente ma necessario. Suggerisco perciò alle nuove leve un’accurata analisi di se stessi per capire se le doti necessarie ci sono, sono da sviluppare o è meglio inidizzarsi verso altri ruoli della finanza, meno front-desk.