Una nuova ricerca di Polytems ha analizzato cosa pensano gli investitori delle ultime forme alternative d’investimento: MINI BOND e CAMBIALI FINANZIARIE.
I risultati evidenziano che agli investitori piacciono Mini Bond e Cambiali Finanziarie ma vogliono verificare l’andamento della società ed il rischio d’investimento nel corso della vita dei bond, attraverso incontri periodici con il management.
La ricerca è stata condotta su un campione rappresentativo di 42 esponenti di Fondi ed istituzioni finanziarie cui è stato somministrato un questionario costituito da domande “a risposta chiusa”, ed a “risposta aperta” che ha consentito una ricerca quantitativa e qualitativa. Il questionario ha analizzato: i cambiamenti prodotti dalla crisi finanziaria nel mercato dei capitali e le modifiche intervenute nelle struttura di investimento per gli strumenti finanziari monitorati; la dimensione dell’investimento da parte dei Fondi su tali strumenti finanziari e gli AUM destinati dalle società di investimento ed eventuali Fondi dedicati a mini bond e cambiali finanziarie.
Inoltre lo studio ha verificato i parametri di selezione delle operazioni da parte dei Fondi e la size massima di tali operazioni.
Il 100% degli investitori intervistati definiscono il mercato dei minibond e delle cambiali finanziarie alternativo e/o complementare all’indebitamento bancario; mentre il 54% ritiene sia un’opportunità per gli investitori e il 38% lo considera invece un’opportunità per le imprese. E’ ancora un mercato poco liquido per il 28% degli intervistati e solo lo 0,08% lo ritiene rischioso.
I cambiamenti provocati dalla crisi finanziaria nel mercato dei capitali hanno indotto anche gli investitori a forme alternative d’investimento, ad un maggiore affiancamento alle imprese ed in alcuni casi alla modifica delle strutture interne alle società di investimento. Infatti, alcuni Fondi per far fronte a tale nuovo mercato finanziario, hanno potenziato le strutture assumendo analisti e team ad hoc e sono stati creati fondi dedicati. Mentre chi non era ancora organizzato per questo tipo di strumenti finanziari ha creato strutture con gestione separate rispetto alla holding di riferimento.
Ma qual è il comportamento degli investitori rispetto a tali strumenti finanziari, investono indifferentemente su minibond quotati, su mini bond non quotati o su cambiali finanziarie? E nel caso di mini bond quotati il mercato di quotazione dell’emittente influenza la loro decisione di investimento?
Il campione intervistato ha risposto molto positivamente, infatti circa il 31% preferisce investire solo su minibond quotati, mentre un’altro 31% circa investe sia su mini bond non quotati sia su cambiali finanziarie. Il 23% del campione investe indifferentemente su mini bond quotati e non quotati ed anche sulle cambiali finanziarie. Mentre il restante 15% investe esclusivamente su mini bond non quotati.
Ma soprattutto gli investitori ritengono che, in caso di società quotata, il mercato di quotazione della società emittente (MTA, STAR, AIM) non sia rilevante per la loro decisione di investimento.
E per quanto riguarda gli AUM destinati a questi strumenti finanziari abbiamo chiesto agli investitori a quanto ammontano e se hanno previsto fondi dedicati.
I Fondi hanno AUM dedicati a tali strumenti finanziari che si differenziano a seconda della dimensione del Fondo. Essi sono compresi tra i 25 milioni di € ed i 200 milioni di € (38% del campione intervistato) mentre il 23% del campione ha AUM tra gli 80 ed i 160 mil/€ ed un 15,4% del campione ha previsto assets tra i 150 ed i 260 mil/€.
Tra i fondi dedicati spiccano il Fondo Europeo Mini Bond e il Fondo Strategico Trentino Alto Adige.
Abbiamo chiesto ai Fondi se hanno anche fissato parametri di selezione delle operazioni. Il 92% del campione ha fissato parametri di selezione per l’investimento. Mentre solo lo 0,08% non ha stabilito alcun parametro di selezione. I parametri, a pari merito, considerati più rilevanti dal 69% degli investitori riguardano il fatturato dell’emittente e l’EBITDA. (0,08% preferisce aziende con fatturato dai 50 ai 200 mil €; lo 0,08% predilige aziende con fatturato superiore ai 15 mil di €; mentre ancora uno 0,08% seleziona aziende con fatturato superiore ai 7 mil di €). Quindi per quanto riguarda il fatturato, le aziende emittenti non possono avere ricavi inferiori ai 7 milioni di €. Segue quindi nel gradimento degli investitori, la PFN su patrimonio netto che non deve essere al di sotto dei 2,5 mil €.
Ma un 38,46% dei Fondi indica come rilevanti anche: la strategia dell’emittente, la sostenibilità del credito, l’indice DSCR superiore a 1,7% con valutazione caso per caso di EBITDA positivo ed indebitamento sostenibile; – Ebitda di 10 mil di €, buon rating d’investimento e vincolo derogabile PFN/EBITDA <4x-4.5x
Per quanto riguarda la size massima dell’emissione sulla quale gli investitori intervengono e l’importo massimo del loro investimento, gli investitori hanno indicato di partecipare ad operazioni di dimensioni tra i 5 ed i 50 milioni di €. Il 30,8% del campione investe un ticket medio pari a 5 milioni di €, il 38,5% tra i 10 ed i 15 milioni di €; lo 0,8% un ticket massimo pari a 100 milioni di €, mentre lo 0,08% sulla singola emissione effettua un investimento massimo pari al 7% del NAV dell’emittente.
Invece i fattori critici di successo di una buona emissione, che gli investitori ritengono determinanti, a pari merito, sono la qualità del management team della società (77%) ed il business plan. Seguono a ruota (54,0%) il cash-flow aziendale ed il sistema di controllo di gestione interno (38,5%) il merito di credito (30,8%) seguito dalle garanzie relative all’emissione e poi il rating aziendale (15,3%).
Per quanto riguarda invece la comunicazione finanziaria quale elemento strategico a supporto del buon fine dell’emissione, il 61,5% degli investitori la reputa strategica mentre il 38,5% non la ritiene tale.
Il 92,3% dei Fondi intervistati ritiene importante la comunicazione continuativa da parte dell’emittente per diverse ragioni tra le quali: verificare “il ciclo di vita” del titolo almeno ogni 3 mesi sulle loro esposizioni; per il monitoraggio continuo di ciascuna posizione e supporto proattivo alla società nel raggiungimento degli obiettivi di crescita stabili nel piano di sviluppo; per riscontrare l’andamento della società e appurare il rischio d’investimento nel corso della vita dei bond.
Sono numerosi i punti di forza dei mini bond evidenziati dagli investitori tra i quali: il differenziale di rendimento rispetto alle obbligazioni quotate, l’accesso a crediti ritenuti buoni dall’investitore, l’apertura ad un mercato alternativo, la diversificazione del portafoglio, gli incentivi fiscali e civilistici cui possono accedere l’emittente e l’investitore; la velocità e la dinamicità del finanziamento. Mentre sono considerati punti di debolezza dei mini bond la scarsa liquidità del mercato, il rischio, la rigidità dello strumento, la scarsità d’investitori specializzati attivi sul mercato, la limitata conoscenza da parte delle PMI di tali strumenti finanziari, la mancanza di un mercato primario rilevante. I mini bond vengono considerati una opportunità, un’ottimo prodotto finanziario per le aziende che hanno progetti di crescita, un interessante strumento che ha bisogno d’investitori per far sviluppare il mercato.
Mentre tra i Punti di forza delle Cambiali Finanziarie viene invece evidenziato dagli investitori che esse rappresentano uno strumento alternativo di finanziamento particolarmente adeguato per finanziare il capitale circolante che gode di incentivi fiscali per l’emittente e l’investitore. E tra le debolezze di tale strumento si evidenza ancora una certa scarsità d’investitori qualificati sul mercato. Le cambiali finanziarie vengono viste, dagli investitori, come una novità per il mercato italiano e come uno strumento per il rilancio dell’economia.